Quanno chiove (o aspiett che chiove)

Quanno chiove (o aspiett che chiove)
Quanno chiove (o aspiett che chiove) 5 1 Anonymous
Nicola Pugliese

Nicola Pugliese

Non ci ho messo molto per capire che nessuna calamità avrebbe colpito la città di Napoli dopo quattro giorni di pioggia ininterrotta, nel romanzo di Nicola Pugliese Malacqua quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un accadimento straordinario (1977)O forse qualcosa sarebbe accaduto, un cataclisma dalle incommensurabili conseguenze, ma non è dato sapere perché il libro termina prima. Un confine nebbioso che divide l’enigma dalla malinconia, attraversa il romanzo. È l’enigma nell’enigma perché se da un lato ci si interroga sull’origine e soprattutto le conseguenze di questa pioggia straordinaria, scalpitanti di sapere se mai cesserà, dall’altro lato ci si domanda quale sia la vera intenzione dell’autore: catalizzare l’attenzione sull’evento in sé generando suspense oppure il fenomeno meteorologico è solo la metafora leopardiana dell’attesa in cui si consuma la vita di ciascuno di noi. Nonostante la sua accidentalità ed eccezionalità, l’evento acquista una dimensione sempre di più ordinaria, il cui fine ultimo è ricordare agli uomini che sono in attesa. Ma disturbare l’orecchio umano con un rumore inusuale e opacizzare la vista con il grigio moto della pioggia, non sono sufficienti a risvegliare le intorpidite coscienze umane, manca la paura, quella della morte. Oggi, sempre più spesso, i media parlano di precipitazioni abbondanti, dalla portata straordinaria, a proposito di alluvioni, frane, smottamenti; espressione puntualmente smentita dagli esperti meteorologi che riconducono tutto entro i parametri della normalità. Ciò significa che non è  tanto l’eccezionalità del fenomeno a provocare le  catastrofi, quanto l’incuria umana che si lascia cogliere “alla sprovvista” permettendo alla morte di irrompere improvvisamente.

La morte, infatti, è molto più generosa di quanto crediamo. Spesso e volentieri si annuncia prima di arrivare. Anche in Malacqua la morte si era annunciata, nelle strade dissestate e negli edifici pericolanti di Via Aniello Falcone e Via Tasso; man mano, però, smette di occupare una posizione di primo piano per diventare uno sfondo che tocca l’ambiente circostante senza mai danneggiarlo irreversibilmente. La pioggia che cade su Napoli, al di là dell’eccezionalità della sua durata, non è mai violenta, precipitosa. È una pioggerellina fine che permette, entro i limiti del possibile, di proseguire con la propria vita. L’autore non segue le vicende di un gruppo di personaggi legati da una trama, ma con uno stile documentaristico, di volta in volta, nel susseguirsi dei giorni, ci mostra il punto di vista di una persona differente, totalmente slegata dalla precedente. E di ognuna non mette in risalto la preoccupazione legata all’eccezionalità dell’evento, o la sua implicazione con esso, quanto la monotonia della quotidianità, scossa però dall’improvvisa impellenza di cambiarla. Tutti siamo in attesa che qualcosa di straordinario si verifichi nella nostra vita, la cosiddetta svolta; l’impossibilità che nel breve spazio di un’esistenza ciò accada, spesso è risolta dall’intervento di fattori esterni che danno una spinta al cambiamento. Certo è, che affinché la nostra vita cambi, i primi artefici dobbiamo essere noi, attraverso le scelte e le azioni che compiamo ……. ce lo siamo sentiti dire tante volte. Ciò nonostante spesso aspettiamo che un evento, che non dipende minimamente dalla nostre azioni, irrompa senza alcun motivo, per casualità, per volere del fato. Può essere qualsiasi la sua natura, anche meteorologica come in Malacqua, purché sia un segno che è giunta l’ora di darsi una scrollata e fare tutto quello che avremmo sempre voluto e che invece abbiamo continuamente rimandato; ma anche di dare libero sfogo alle emozioni, quelle più intime, recondite, moralmente imbarazzanti ed anche difficilmente spiegabili, sebbene perfettamente comprensibili alla nostra coscienza. Nulla spaventa più, rientra tutto in un disegno trascendentale che si serve dell’eccezionalità con il solo obiettivo di scuotere gli animi; così le inquietanti urla di una bambola, il magico e melodioso tintinnio  delle monetine di cinque lire, il mare che oltrepassa gli scogli e le ringhiere del corso e invade la passeggiata di Mergellina, non fanno paura perché la loro straordinarietà si spiega con l’annunciazione che qualcosa di grande sta per accadere.  Tanto, male che dovesse andare, subito dopo c’è la morte.  Anche se si fanno i dovuti scongiuri perché non tocchi proprio te, dato che tu vuoi vivere finalmente, hai in pungo te stesso ed i tuoi desideri a cui non sei più disposto a rinunciare. Un’inaspettata voglia di vivere ti eccita, la drammaticità dell’evento paradossalmente si tramuta in speranza, rappresentando uno spartiacque definitivo con la vita passata.  Le disgrazie di Via Aniello Falcone e di Via Tasso potevano essere evitate, se le autorità competenti fossero intervenute per tempo, ma questo è un dettaglio, evidentemente doveva andare così. Il popolo più che gridare la colpevolezza delle varie istituzioni coinvolte, pretendendo che paghino per le loro responsabilità, si sofferma ad interrogarsi sull’eccezionalità dell’evento, sulle cause sconosciute e misteriose che ne sono all’origine, pronto a captare e a decifrare ogni segno, con un approccio del tutto autoreferenziale. La pioggia è la proiezione meteorologica dello stato d’animo di una città che per combattere il tedio della quotidianità, inventa l’esistenza di “fatti strani”, inspiegabili, trascurando di curare (e prevenire) quelli reali, contemplando l’impotenza dell’uomo a cui non rimane che attendere che tutto passi e si ritorni alla normalità. Ed è proprio nel ripristino della consuetudine che si cela l’aspetto più drammatico, la morte non si vede  né si sente più; l’attesa, passata in secondo piano, si procrastina  e ci si crogiola nell’inerzia. Tanto prima o poi pioverà di nuovo. Come cantava Pino Daniele E aspiette che chiove…….

Quando anche mangiare è un’attesa

Se ci pensate bene anche il pranzo e la cena si consumano nell’attesa. Prendiamo i banchetti delle grandi cerimonie, o pranzi e cene che non rientrano nella routine quotidiana, fatti per un’occasione speciale, si comincia dall’antipasto che inganna l’attesa per il primo che a sua volta inganna il tempo in attesa che arrivino il secondo con il contorno che a loro volta sono il prodromo di una bella macedonia di frutta che un po’ drammaticamente, dato il livello di sazietà, preannuncia un altro, sebbene ultimo, evento, almeno per quel pranzo: il dolce. Il senso di appagamento dura poco, o comunque non a lungo, dopodiché ci si rimette nell’attesa del prossimo aperitivo, primo, secondo, frutta e dolce. Insomma ci si crogiola nuovamente nell’attesa.  Abbiamo così deciso di abbinare a questo articolo quei cibi sfiziosi che rendono piacevole l’indugio prima del  pranzo o della cena; soprattutto se per aperitivo o antipasto vengono serviti dei mini-muffin di patate farciti, grandi aspettative precedono l’evento che seguirà, la fantasia spicca il volo alimentando le papille gustative che già assaporano un piatto originale, gustoso, accompagnato da un buon vino; perchè il piacere dell’attesa sta nell’immaginare grandi cose.

Minimuffin di patate farciti

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-250gr di farina –

200gr di latte –

2 uova

-60gr di burro

-una patata bollita

-una bustina di lievito –

-sale

 

Per la farcia libero sfogo alla fantasia, quelli in foto sono con mortadella e fagiolini, emmental e peperoni e acciughe e pomodorini.

In una terrina sbattere le uova e aggiungere il latte e la patata bollita, pelata e schiacciata, amalgamare bene. In un’altra ciotola setacciare la farina e il lievito ed aggiungere il composto di uova, latte e patate. Amalgamare bene il tutto, aggiustare di sale e a questo punto aggiungere la farcia scelta, mescolare e inserire nei pirottini. Cuocere a 180º per 20/30 min.

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