Special edition – Natale

Cardone in brodo

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Ecco una ricetta tipica della tradizione beneventana, più che tipica potremmo definirla davvero esclusiva. Si tratta di un piatto di origini contadine, preparato con questa verdura poco diffusa nel resto d’Italia. A Benevento e provincia si usa mangiare il cardone il giorno di Natale o a Santo Stefano, sicuramente per tutta la durata delle feste.

Ingredienti

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– 1kg di cardone già pulito (tenuto una notte in acqua e limone)

– 2l di brodo di carne

– 350gr di carne macinata

-2 uova

-parmigiano grattugiato

-sale q.b

Procedimento

IMG_1859Preparare il brodo con 500gr di muscolo di vitello e una parte di pollo, aggiungere la cipolla, il sedano, la carota e un cucchiaio di pelati e lasciare cuocere per più di un’ora, fino a quando la carne non sarà ben cotta. Una volta pronto il brodo, togliere la carne e metterla da parte. Preparare la carne macinata per le polpettine (ricetta classica) e in un’ altra pentola mettere una parte del brodo nella quale verranno immerse le polpettine. Far cuocere per qualche minuto le polpettine e successivamente aggiungere il cardone e il rimanente brodo. Lasciare insaporire e nel frattempo preparare le uova con abbondante parmigiano e versarle nel cardone, coprire e lasciare cuocere bene. Infine. prima di servire, aggiungere un po’ della carne sfilettata. Servire caldo e magari accompagnato da qualche crostino o del pane tostato.

La carne lessa si può condire con un filo di olio evo, un po’ di sale, pepe e limone.

Il cardone si può conservare  in frigo.

Il Torrone di Benevento

Nel post dell’altro giorno abbiamo dato un’occhiata generale alla storia del torrone, cercando di stabilire la sua origine. Oggi ci soffermiamo sulla produzione locale, vale a dire sul torrone di Benevento che vanta numerose aziende, molte a livello mondiale. IMG_1835A cominciare da quello che è considerato il simbolo di Benevento, della sua industria, tipicità, cultura, storia: il Torrone Strega aromatizzato dal noto liquore, da cui tutto è partito. Ideatore e fondatore di questa incredibile storia imprenditoriale che ancora oggi continua, è stato Giuseppe Alberti, che nel 1860 inizia la produzione dell’omonimo liquore il cui nome s’ispira all ’affascinante leggenda locale che ha per protagoniste le streghe e i loro riti satanici. Nel dopoguerra, alla produzione del liquore, si affiancherà quella dolciaria. Se vi interessa tutta la storia, vi rimandiamo al sito della Strega che illustra le tappe fondamentali della nascita e affermazione dell’azienda.

Tra le varietà di torrone, ricordiamo:

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  • Torrone strega, fatto con miele, nocciole avellane e aromatizzato al liquore strega;
  • Torrone tenero strega, versione tenera del torrone strega, ricoperto di cioccolato fondente;
  • Torroncini strega;
  • Pan di torrone, composto da soffice pan di spagna imbevuto di liquore Strega e protetto da due cialde di Torrone Alberti, il tutto avvolto da una finissima copertura di cioccolato fondente;
  • Araldi allo Strega, sono la versione mignon del Pan di torrone;
  • Torrone alle mandorle, miele purissimo e mandorle selezionate;
  • Torrone al limone, mandorle pugliesi, pistacchio ed oli essenziali al limone.
  • Torrone tenero al cioccolato, impasto di miele e nocciole, arricchito di cacao e ricoperto di finissimo cioccolato fondente.

MAGIE

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  • Magie allo Strega: ricoperte di finissimo cioccolato al latte e ripiene di panna fresca, nocciole e cioccolato, naturalmente aromatizzate allo Strega.
  • Magie allo strega fondente;
  • Magia Nera 70% cioccolato nero
  • Magie alla noce
  • Magie al caffè
  • Magie al limoncello

CROCCANTINI

  • Croccantino al Cioccolato
  • Croccantino al cioccolato bianco
  • Croccantino allo Strega
  • Croccantino al caffè

IL CIOCCOLATO

  • Goccioloni strega
  • Incantesimo
  • Gloria al Gianduia
  • Blocco Extra Fondente
  • Blocco Gianduia con Nocciole

IL TORRONE DI SAN MARCO DEI CAVOTI

baci borrilloIl Cavaliere Innocenzo Borrillo, di famiglia artigiana, era stato mandato a Napoli ad imparare l’arte pasticcera presso pasticceri importanti. Nel 1891 apre una buvette in Via Roma, una strada centrale del suo paese natale, San Marco dei Cavoti, in provincia di Benevento.

La «Premiata Fabbrica» del Cavalier Borrillo è stata il primo laboratorio dolciario sorto a San Marco e per circa trent’ anni è rimasto l’unico. La specialità, da lui inventata e brevettata, che l’ha contraddistinto negli anni, differenziando la sua fabbrica da quelle più note di Benevento, è il torrone Baci, detto anche torroncino o croccantino. Oggi sono presenti a San Marco sette laboratori dolciari che producono torroni, dolci al cioccolato e soprattutto torroncini. Di questi sette laboratori, quattro producono torroni Baci con il marchio Borrillo. La produzione del torrone san marchese si caratterizza per lo sforzo costante di attuare un  processo di tradizionalizzazione e tipicizzazione.

Innocenzo Borrillo, fondatore della prima fabbrica di torroni, nel suo laboratorio lavora insieme ai figli, Diodoro e Arturo. Quando Diodoro si ritira dall’ attività, questa viene continuata da Arturo che, di fatto, ne resta l’unico erede. I suoi figli decidono di aprire un nuovo laboratorio dolciario a un centinaio di metri di distanza dall’ altro. Gli originali restano ovviamente i torroni che vengono prodotti, con la stessa arte e gli stessi strumenti usati dal loro inventore, nel medesimo luogo in cui venivano preparati cento anni prima. Innocenzo Borrillo, erede reale della fabbrica, dichiara di non aver modificato le tecniche di suo nonno. I torroni vengono venduti in confezioni tali da somigliare fortemente a quelle dei primi del secolo, che i clienti possono ammirare esposte alle pareti della buvette. Fino a qualche anno fa la buvette, nota come “la speziera”, ospitava alcuni tavolini ai quali la clientela poteva sedersi per assaporare torroni e paste fresche, sorseggiando marsala. Nella buvette di Innocenzo Borrillo la valorizzazione del passato non avviene solo attraverso l’arredamento e gli oggetti esposti, ma anche attraverso il rapporto stretto tra la genealogia familiare e il luogo in cui si produce e si vende torrone. Innocenzo Borrillo, oggi, non ha scelto di intensificare la sua produzione o di industrializzarla, per far fronte alla presenza di nuove fabbriche. E il laboratorio continua ad essere a conduzione familiare. Questo insieme di elementi e di scelte commerciali e produttive costituiscono il capitale simbolico dei prodotti della Premiata Fabbrica Borrillo. Capitale riconosciuto anche dagli altri dolciari del paese che considerano il laboratorio di Innocenzo e i suoi prodotti come i più tradizionali, e i più rappresentativi della tradizione artigiana locale. La trasmissione di specifiche competenze, rappresentate come un’arte, il legame con un luogo preciso, l’antichità e la continuità nel tempo, il mantenimento di metodi di produzione artigianali che in quanto tali vengono percepiti come garanzia di freschezza e di genuinità, sono gli elementi che costituiscono il capitale di tradizione e tipicità dei torroni di Innocenzo Borrillo.

Saverio Serio, anch’egli di famiglia artigiana, va a Napoli ad imparare l’arte dolciaria e nel 1926 apre una pasticceria poco lontano dalla buvette di Innocenzo Borrillo, nella stessa Via Roma, ed inizia a produrre torrone e torroncini. Innocenzo, il vecchio, reagisce affiggendo sulla strada un cartello con su scritto: Prodotti della premiata fabbrica Borrillo: imitati sempre ed eguagliati mai. Per più di cinquant’anni i due laboratori saranno i soli.

Oggi ci sono vari laboratori di produzione dolciaria a San Marco (Donato e Tiziano Fiorelli e La Provenzale). Insieme al mantenimento di un livello medio elevato che si traduce nel tentativo di rendere i prodotti se non proprio identici molto simili agli originali, ciascun laboratorio ha costruito un suo repertorio dolciario e una sua specifità per il mercato locale ed estero. Ognuno ha indirizzato le proprie produzioni in direzioni diverse: affiancando ai torroncini il classico torrone bianco, oppure i cioccolatini, o apportando delle leggere modifiche all’impasto interno, o ancora creando delle varianti del torrone e del torroncino. Le scelte imprenditoriali sono state diverse e ogni artigiano-imprenditore esprime oggi, in forme diverse, l’arte dolciaria portata a San Marco dal Cavaliere Borrillo. In questo modo ogni produttore ha trovato il suo posto all’interno di una tradizione artigianale più che centenaria, ed un suo spazio nel mercato dolciario.

Il Torrone

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Quando e dove è nato il torrone? La sua origine è avvolta nel mistero. Cercando di risalire il corso della storia si arriva addirittura in Cina: pare che il torrone sia nato qui, luogo dal quale proviene storicamente la mandorla. Sarebbero stati gli arabi a portarlo nel bacino del Mediterraneo, in Sicilia, in Spagna e a Cremona, strategico porto fluviale sul Po. Il torrone sarebbe quindi una variazione della famosa “cubbaita” o “giuggiolena“, dolce arabo fatto di miele e sesamo. “Turròn” è un termine spagnolo alquanto discusso e secondo le tesi degli studiosi iberici il torrone sarebbe di derivazione araba. L’inizio della produzione di torroni tradizionali in Spagna si fa risalire al XVI secolo.

IMG_1822In Italia, tra il 1100 e il 1150, Gherardo Cremonese tradusse il “De medicinis e cibis semplicibus“, scritto dal medico di Cordova, Abdul Mutarrif. Vi si esaltavano le virtù del miele e veniva citato un dolce arabo: il “turun“. A Cremona, i rivenditori sostengono comunque che il torrone nacque qui, nel 1441, durante il banchetto nuziale di Bianca Maria Visconti e di Francesco Sforza, quando venne confezionato in forma di Torrazzo (l’alta torre campanaria del duomo della città), da cui avrebbe preso il nome. Secondo un’altra tradizione, furono gli antichi Romani a tramandarci la ricetta di questa ghiottoneria. Nel 116 circa a.C., Marco Terenzio Marrone il Reatino citava il gustoso Cuppedo; Cupeto è ancora oggi il nome del torrone in molte zone dell’Italia Meridionale. Questo termine, che nel suo passaggio dall’idioma latino a quello dialettale che è Cupeta, non ha subito quasi alcuna trasformazione, presso i Romani, in linea generale, significava sregolato desiderio di cibi delicati. Tito Livio Marziale, poeta latino, definiva la cupedia una delle specialità gastronomiche del Sannio e non a caso i venditori ambulanti di torrone vengono chiamati cupetari. La fama del torrone di Benevento, già enclave dello Stato Pontificio, si diffuse in particolar modo nel XVII secolo, in quanto in occasione delle feste natalizie il prodotto veniva mandato a Roma, a prelati e ad alti personaggi della capitale. Ma furono soprattutto i Borboni, nel 1800, a valorizzare la cupeta beneventana facendolo diventare il prodotto natalizio per eccellenza e dando avvio ad una tradizione che si è tramandata nei secoli fino ai nostri giorni. Le tipologie del Torrone di Benevento prevalenti in commercio sono: bianco alla mandorla classico, cupedia bianco alla nocciola, bianco morbido alla mandorla. Il Torroncino ha invece una sua precisa conformazione: barretta piccola, croccante, a base di zucchero e nocciole, il tutto ricoperto di cioccolato.

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Nonostante sussista la tendenza ad identificare questo particolare tipo di torrone con i soli centri di Benevento o di S. Marco dei Cavoti, l’area geografica di riferimento è rappresentata dall’intera provincia. Questi prodotti hanno il pregio di utilizzare e valorizzare alcune produzioni locali minori, come ad esempio il miele, rappresentando perciò anche un importante fattore di permanenza delle popolazioni sul territorio. In questi ultimi anni la riscoperta ed il rilancio del torrone ha reso possibile, oltre alla sopravvivenza delle vecchie ditte artigiane, la nascita di numerose nuove aziende perfettamente inserite nel filone tradizionale. Il torrone di Benevento gode fama consolidata non solo in Campania e in Italia, ma anche all’estero. La maggior parte del prodotto viene commercializzata in Campania ed in Italia, soprattutto in occasione delle feste tradizionali.

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Al XVII secolo risalgono le prime varietà di torrone: il Perfetto Amore, l’ Ingranito ed il Torrone del Papa. Il Perfetto Amore era costituito da miele, bianco d’uova e nocciole ricoperte da un naspro per lo più di cioccolato, limone o caffè. L’ Ingranito comprendeva oltre al miele, all’albume e alle nocciole, dei confetti lunghi e stretti chiamati cannellini ed il tutto era avvolto in una grana di zucchero. Il Torrone del Papa era composto da zucchero liquefatto, pinoli e un po’ di frutta sciroppata. Il suo nome può derivare sia dal fatto che essendo molto gustoso era degno della bocca di un Papa e sia dal fatto che essendo assai molle poteva essere mangiato facilmente in età senile, quando, generalmente, si viene assunti sul soglio di Pietro. Più tardi si affermò il Torrone della Regina, simile a quello del Papa e che invece di grana era ricoperto di naspro che fu dedicato alla golosità del re Ferdinando I di Borbone. Per il suo sapore superiore, quasi regale, era un dolce apprezzato da tutti, sia dai popolani, che lo producevano in casa per consumarlo nei giorni di festa o per venderlo ai mercati, sia dai i ricchi ed i nobili che lo offrivano ad ospiti e commensali. Successivamente si diffuse il cosiddetto Torrone Perfezionato, cioè una Cupeta molto raffinata costituita sempre da miele, bianco d’uova e mandorle pugliesi in cui, durante la cottura a fuoco lento, dalla durata di circa otto ore, si versano delle essenze odorose e la novità era che il tutto invece di essere ricoperto con naspro o grana era ricoperto da ostia.

Zeppole fritte di Natale

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Ingredienti

– 1 kg di farina

– 1 cucchiaino di zucchero

– 1 panetto di lievito

– 2 cucchiaini di sale

– 750 g di acqua

Procedimento

IMG_1841In una ciotola versare la farina e fare un buco al centro dove aggiungeremo il lievito con 100 g di acqua tiepida e un cucchiaino di zucchero. Amalgamare fino a quando il lievito non si sarà sciolto del tutto e gradualmente aggiungere la rimanente acqua lavorando fino ad ottenere un impasto morbido. Far lievitare fino a quando l’impasto non sarà raddoppiato. Una volta cresciuta, prendere la pasta con un cucchiaio e farla cuocere nell’olio(di semi d’arachide) bollente. Dalle nostre parti è usanza farcire le zeppole con le acciughe ma potete scegliere anche tra i cavolfiori e il baccalà. Inoltre nella provincia di Benevento, da dove veniamo, è tradizione mangiarle la sera della vigilia di Natale, cotte al momento.

 

Gli struffoli di mamma Irene

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Ingredienti

-300g.di farina -1 cucchiaio di zucchero -1 pizzico di sale -1 cucchiaino di di scorza grattugiata di limone -4 uova intere -30g di burro -olio di semi -100g di miele -3 cucchiai di zucchero -scorza grattugiata di un arancio.

Procedimento

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Versare la farina su di un tavolo da lavoro e fare un buco al centro, unire le uova, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone, il sale e il burro. Lavorare bene l’impasto e ricavare dei bastoncini della grandezza di un dito e ritagliare a pezzettini. In una pentola alta e stretta far scaldare abbondante olio di semi e far dorare gli struffoli a poca la volta. Con un mestolo forato raccogliere gli struffoli e metterli su carta assorbente. In una padella larga versare il miele e lo zucchero e farlo sciogliere a fuoco lento, successivamente toglierlo dal fuoco e unirvi la scorza grattugiata dell’arancia e gli struffoli. Mescolare il tutto delicatamente finchè il miele sarà stato completamente assorbito, poi versare gli struffoli su di un piatto da portata rotondo e con le mani bagnate d’acqua formare un anello e lasciare raffreddare.

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