Osso di maiale e mani di lebbroso, un’architettura del dolore

Osso di maiale e mani di lebbroso, un’architettura del dolore
Osso di maiale e mani di lebbroso, un’architettura del dolore 5 1 Anonymous
Mostafa Mastur

Mostafa Mastur

Dal balcone del suo appartamento, nel grattacielo Khavaran, Daniel osserva un’umanità in subbuglio; Daniel non vede bene (oltre a numerose altre menomazioni), indossa occhiali con spesse lenti, ma riesce comunque ad abbracciare in un unico grande sguardo l’indistinta fiumana di gente e macchine che sfila alle pendici del mastodontico grattacielo di Teheran, la città irreale. I suoi occhi guardano in giù, in su, in dietro; oltrepassando i muri divisori, penetrano nelle vite degli altri inquilini ai quali spetta una condanna inappellabile: nonostante la loro a corsa a  vivere, la morte è l’unica certezza della loro esistenza che non ne riesce a fare a meno.

Non esiste un vero e proprio intreccio nel romanzo di Mostafa Mastur, Osso di maiale e mani di lebbroso (2005), storie e personaggi non si susseguono secondo un ordine logico-cronologico, ma sembrano messi li un po’ a casaccio, assolutamente permeante risulta la scelta di collocarli all’interno di un palazzo, quale visione d’insieme più efficace? Dietro, però, l’apparente accidentalità di quella disposizione, c’è una serie di analogie che rende le diverse storie funzionali alla costruzione di quel senso di morte che passa per il fallimento dei rapporti, l’incomunicabilità, l’eterno conflitto con la vita, la violenza, l’amore per il denaro, la mancanza di speranza e la sopraffazione del senso di disperazione. Il grattacielo di Khavaran, a quanto pare, sorge in una terra desolata che è la l’odierna Teheran; una terra gelida, non a caso il paesaggio circostante è ricoperto da un fitto manto nevoso e la sensazione di freddo è costante; nulla sboccia, tutto sembra sul punto di morire, anche ciò che è appena nato come l’amore tra la prostituta Susanna ed il poeta Kiya, che nell’innamoramento verso quest’ultimo vede una possibilità di vita e di allontanamento dalla morte; tutto è destinato ad appassire come l’amore tra Mohsen e Simir, seppellito da una un muro di silenzio inviolabile che nemmeno la prospettiva di una nuova vita può scalfire; i sentimenti rimangono inascoltati, sepolti sotto la paura di rivelarsi all’altro: Hamed non dirà né alla sua ragazza che vive lontana, né alla donna di cui si è infatuato cosa prova. Un senso di irrisolto, di attesa di trasformazione in qualcosa d’altro che segni una rinascita, una rigenerazione, tiene in sospeso il romanzo. Analogamente,  a livello espressivo, frequenti sono i cambi di registro che segnano il passaggio da un  tono che può essere definito “lirico”o “elegiaco”ad un altro più basso, creando lo spazio affinché s’insinui quella ironia che puntualmente smentisce i personaggi nelle loro intenzioni più nobili, nel loro tentativo di elevarsi dalla realtà fredda e grottesca in cui sembrano essere intrappolati: la poetica dichiarazione d’amore del poeta per Susan è avvilita dal sottofondo di un jingle pubblicitario per saponi, così come il tenero entusiasmo di Hamed per la lettera ricevuta da Mahnaz è ridimensionato dalla voce di uno speaker che commenta un documentario sulle megattere. Questo contrasto tra registri, così come il contrappunto tra generi letterari differenti come appunto quello poetico e d il pubblicitario, o l’epistolare e di nuovo il pubblicitario, insieme al tema della morte senza rigenerazione, evocano un’altra terra desolata, nel cui spazio intertestuale si è forgiato quel metodo mitico che ha sdoganato il testo poetico tradizionale, o la tradizionale modalità narrativa, per un’architettura fatta di relazioni e corrispondenze che mettono in comunicazione presente e passato, realtà e mito, testi tra loro i più disparati in un rincorrersi di citazioni, alcune volte rovesciate del loro senso, altre prese alla lettera, al cui apice c’è tutto il disorientamento dell’individuo rispetto ad un presente negativo: LA TERRA DESOLATA di T.S.Eliot. Quell’architettura, sebbene in un contesto che non è più quello poetico, l’adotta anche Mostafa Mastur che nella scelta del titolo riprende una frase da un discorso dell’Imam Ali ben Abi Taleb che paragona la pochezza del mondo, la sua miseria spirituale alla povertà, quella fisica, rappresentata dalle ossa spolpate di un maiale nelle mani di un lebbroso che probabilmente non ce le ha. Daniel, nel finale del romanzo, conferma tutto il suo pessimismo sul destino dell’uomo citando il poeta libanese Gibran Khalil Gibran che nella disperazione e nel dolore vede il punto più alto nonché conclusivo della vita. Per il Tiresia di Mostafa Mastur non esiste sollievo, nemmeno nella letteratura, dato che l’essenza delle parole è la sofferenza, il loro principio è la tribolazione in cui nascono e periscono provocando la disgregazione totale dell’individuo, che perduta l’ultima speranza di rinascita, in esse si lascia affogare e morire.

Ma sul buio sprigionato dalle parole cariche di sofferenza di Daniel un riverbero di luce arriva dall’ appartamento di Mofid che leggendo la posta, trova il messaggio di qualcuno che gli riaccende la speranza di salvare la vita di suo figlio, gravemente malato. Segue dopo sullo schermo l’universo con i suoi milioni di stelle e gli astronauti che fluttuano senza una direzione, forse bastava avere fede come gli aveva raccontato la moglie testimoniandogli della storia di una donna che ormai in fin di vita grazie alle sue preghiere sconfigge il male?  Bastava farsi cogliere da Dio?

Concludo con queste domande, senza arrogarmi il diritto di asserire per quale visione propenda l’autore, voglio fluttuare come gli astronauti nell’ universo, oscillare nell’ opposizione, senza doverla risolvere: «Riuscirò a mettere ordine nelle mie terre?»

Una cucina intertestuale

Abbiamo già dato uno sguardo, piuttosto superficiale, alla cucina iraniana in un post di qualche anno fa. Con questo articolo sul romanzo dello scrittore iraniano Mostafa Mastur, entriamo nel vivo della tradizione culinaria iraniana. Nel libro non ci sono molti riferimenti al cibo, quindi abbiamo fatto ricorso ad una fonte esterna, il libro di Sabrina Ghayour, Persiana, il cui titolo è sufficiente a capire di che cosa tratta.

Quella iraniana è una cucina ricca di spezie, verdure, odori con un particolare occhio di riguardo al riso e alla carne d’agnello. Non mancano evocazioni di piatti a noi familiari come ad esempio la caponata siciliana a proposito della chermoula di melanzane, o lo spezzatino di agnello e piselli, molto diffuso dalle nostre parti, il cui corrispondente persiano è il khoresh-e-Gheymeh, uno dei più famosi stufati iraniani a base di agnello, lime essiccato e piselli spezzati, o ancora le crocchette di baccalà che, racconta Sabrina, si preparano con del pesce essiccato, il mahi doodi, che si trova in abbondanza in tutti gli alimentari iraniani soprattutto nel periodo del Capodanno, proprio come il baccalà che si vede esposto, nel periodo natalizio, in tutti i minimarket, supermarket, mercati rionali o di paese della nostra regione, per preparare la cosiddetta insalata di rinforzo o le frittelle di baccalà. In effetti questo piatto richiama varie tradizioni culinarie, tra cui quelle portoghese e spagnola. Oppure la frittata alle erbe, kuku Sabzi, che mi ha riportato alla memoria l’omelette au broccio della cucina provenzale preparata con le erbe protagoniste della tradizione culinaria del Sud della Francia e potremmo andare avanti ancora per molto, il punto è che anche sulla pagina di una ricetta si crea uno spazio intertestuale pieno di rimandi di ieri ed di oggi, di luoghi lontani, di ingredienti esotici, tutto si sovrappone, spazzando via confini temporali e spaziali, in un’unica grande compresenza e convivenza!

I piatti che Marianna ha scelto sono il Maast O Khiar, ovvero lo yogurt con il cetriolo, un piatto che in Iran serve a rinfrescare le giornate durante le torride estati, è considerato al pari di una zuppa, quindi può essere ritenuto il corrispettivo persiano del gazpacho spagnolo; il Batinjan al Rabib ossia l’insalata di melanzane affumicate è un piatto molto semplice che richiama fortemente il patlican turco; le Kotlet sono le polpette speziate di manzo e patate, un classico delle feste di famiglia persiane, in particolare il capodanno che cade nell’equinozio di primavera; Joojeh Kabab, pollo con zafferano e limone, uno dei più famosi piatti iraniani di pollo, servito con tortillas o riso basmati e con un po’ di insalata di yogurt; l’insalata shirazi che prende il nome dalla città di Shiraz, è il contorno più comune in Iran, molto simile all’insalata indiana kachumber, e alle insalate afghana e israeliana; il Mojardara, riso con lenticchie e cipolle croccanti, è diffuso in diversioni versioni in molti paese arabi, la variante iraniana prevede un’abbondante presenza di lenticchie, uvetta e datteri; ed infine il dolce, la baklava, le cui origini non sono ben documentate ed ogni paese ha la sua versione, i greci usano le noci, gli arabi gli anacardi, i turchi prevalentemente i pistacchi e le nocciole, i persiani le mandorle ed i pistacchi; va servito rigorosamente accompagnato da una tazza di tè nero.

A noi questa cucina è piaciuta davvero moltissimo, per la sua semplicità e perché contiene ingredienti di cui siamo ghiotte, quindi provatela, ASSOLUTAMENTE!

Maast O Khiar

Maast O Khiar

Maast O Khiar

Ingredienti

– 1 cetriolo

– 1 cucchiaio di menta secca ( va bene anche fresca)

– 1 cucchiaio di uvetta bionda

– 250 gr di yogurt greco

– sale e pepe nero

– olio d’oliva

– noci tritate

– foglie di menta

Procedimento

Lavare il cetriolo e grattugiarlo, strizzare la polpa e trasferirla in un’insalatiera. Aggiungere la menta e l’uvetta, mescolare. Aggiustare di sale e pepe. Coprire con una pellicola e riporre in frigo fino al momento di servire. Al momento condire con olio, noci tritate e le foglie di menta.

Batinjan al Rabib

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Batinjan al Rabib

Ingredienti

– 4 melanzane grandi

– mezzo peperone rosso e mezzo verde

– 4 cucchiai di olio d’oliva

– 2 spicchi d’aglio

– il succo di un limone e mezzo

– sale e pepe

– prezzemolo tritato

Procedimento

Abbrustolire le melanzane mettendole in una teglia con carta da forno e infornare a 220° per 35/40 minuti. Lasciare raffreddare. Raccogliere la polpa, scolare il liquido in eccesso e tritare grossolanamente. Trasferire il tutto in una ciotola insieme ai peperoni tagliati a dadini. In una ciotola a parte versare l’olio, aggiungere l’aglio precedentemente schiacciato, il succo di limone, sale e pepe. Amalgamare bene il tutto e versare il condimento sulle melanzane, aggiungere il prezzemolo e mescolare il tutto.

Kotlet

Kotlet

Kotlet

Ingredienti

– 500 gr di manzo ( va bene anche un altro tipo di carne)

– 400 gr di patate bollite e schiacciate

– 2 uova

– prezzemolo

– 2 cucchiai di aglio in polvere

– 2 cucchiai di cumino macinato

– 1 cucchiaio di curcuma

– 1/2 cucchiaio di cannella in polvere

– sale e pepe

– olio per friggere

– pangrattato

Procedimento

In una ciotola inserire tutti gli ingredienti e mescolare con cura. Una volta pronto cominciare a fare le polpette prendendo una quantità d’impasto della grandezza di una pallina da golf, rotolarla tra i palmi e appiattirla. Passare le polpette nel pangrattato e friggerle.

Joojeh Kebab

Joojeh Kebab

Joojeh Kebab

Ingredienti

– 4 cipolle tagliate a mezza luna sottile

– succo di 5 limoni

– 4 cucchiai di olio d’oliva

– 1 cucchiaino di curcuma

– 400 gr di yogurt greco

– 6 petti di pollo

– zafferano

– acqua calda

– sale

Procedimento

In una ciotola mettere le cipolle, il succo di limone, l’olio d’oliva, la curcuma, lo yogurt e il sale, mescolare bene. Sciogliere lo zafferano in acqua bollente lasciandolo in infusione per 5 min. Unire il pollo, l’acqua e lo zafferano agli ingredienti nella ciotola e mescolare cercando di coprire bene il pollo con gli ingredienti. Coprire con la carta pellicola e lasciare marinare in frigo per tutta la notte. Foderare di carta da forno una teglia capiente. Preriscaldato il forno, disporre il pollo marinato nella teglia e infornare per 18/20 minuti e lasciare cuocere fino a quando non risulterà leggermente abbrustolito. Servire con tortillas o riso basmati e yogurt.

Insalata Shirazi

Insalata Shirazi

Insalata Shirazi

Ingredienti

– 1 cetriolo

– 6 pomodori

– 1 cipolla rossa

– olio d’oliva

– succo di un limone

– sale e pepe nero

Procedimento

Lavare e tagliare il cetriolo a dadini, fare lo stesso con i pomodori e inserire il tutto in una ciotola. Mondare la cipolla e tagliare anche quest’ultima a dadini e aggiungerla agli altri ingredienti. A questo punto condire l’insalata, amalgamare bene e riporre in frigo per 20 minuti.

Mojardara

Mojardara

Mojardara

 Ingredienti

– 400 ml di olio d’oliva

– 4 cipolle grandi

– 275 gr di lenticchie verdi

– 1 cucchiaio di semi di cumino

– 300 gr di riso basmati

– 1 cucchiaino di coriandolo macinato

– 2 cucchiaini di cannella in polvere

– 1 cucchiaino e 1/2 di curcuma

– 525 ml di acqua

– sale

Procedimento

In una padella capiente scaldare l’olio e friggere le cipolle finché sono ben rosolate e croccanti, trasferire in un piatto con carta assorbente. In un’altra pentola bollire l’acqua e far cuocere le lenticchie per c.ca 15 minuti. Scolarle e passarle sotto l’acqua fredda per arrestare la cottura. Nella stessa padella dove abbiamo fritto le cipolle, cambiare l’olio e mettere a rosolare i semi di cumino per un minuto e aggiungere il riso e le altre spezie compreso il sale (abbondante). Unire anche le lenticchie e l’uvetta. Mescolare bene, coprire con il coperchio, abbassare la fiamma e cuocere per 20 minuti. Passati i 20 minuti spostare  la pentola dal fuoco e lasciare riposare per 10 minuti. Sgranare il riso con una forchetta e incorporare una parte delle cipolle, trasferire in un piatto di portata e guarnire con la restante parte delle cipolle.

Baklava

Baklava

Baklava

Ingredienti

-300 gr di farina di mandorle
-50gr di mandorle in scaglie
-50gr di pistacchi spellate
-100gr di zucchero semolato
-la scorza grattugiata di un lime e di un arancia
-un pizzico di cannella in polvere
-150gr di burro fuso
-2 confezioni di pasta fillo
PER LO SCIROPPO:
-200 ml di acqua
-1 cucchiaio di succo di limone
-300 gr di zucchero semolato

Procedimento

In una ciotola inserire la farina di mandorle, i pistacchi, lo zucchero,la scorza d’arancia e lime e la cannella. Amalgamare bene tutto e tenere da parte. Scaldare il forno a 180°(160 se ventilato).
Ungere con una parte del burro fuso una teglia di 25/30 cm, coprire la base con 6 fogli di pasta fillo, lasciando fuoriuscire un po’ per ripiegare poi sulla farcitura. Spennellare  la base di pasta con abbondante burro fuso, aggiungere il composto schiacciando leggermente. Prendere 5 dei fogli rimasti per coprire accuratamente e uniformemente la farcitura, quindi ripiegare i bordi. Infine aggiungere l’ultimo foglio di pasta fillo per sigillare spennellando con abbondante burro fuso. Infine con un coltello ben affilato praticare delle incisioni in diagonale sugli strati superiori e infornare per 25/30 minuti finché risulta dorata. Nel frattempo prepariamo lo sciroppo mettendo l’acqua e il succo di limone su fuoco medio-basso e sciogliere lo zucchero, mescolare ogni tanto fino a quando non risulta addensarsi come uno sciroppo per 25/30 minuti c.ca. Sfornare la baklava e irrorate subito con lo sciroppo lasciandolo scorrere nelle incisioni. Far raffreddare nella teglia prima di tagliarla.

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