Famiglia di sangue, famiglia di “stato”

Famiglia di sangue, famiglia di “stato”
Famiglia di sangue, famiglia di “stato” 5 1 Anonymous

roth

Nostalgia strutturale è l’espressione utilizzata da Michael Herzfeld in riferimento al rimpianto di una comunità per un’epoca ormai finita, caratterizzata da un ordine sociale idilliaco e da un perfetto equilibrio. L’ordine intaccato e l’equilibrio rotto a causa di mutamenti del tutto naturali, comportano un senso di smarrimento nelle persone che hanno vissuto quel periodo, ma talvolta anche in chi non l’ha vissuto in prima persona. Si tratta di un processo di distruzione e ricomposizione che avviene ciclicamente e che ha interessato e interesserà tutte le epoche storiche. Il protagonista de  La Cripta dei Capuccini di Joseph Roth, Francesco Ferdinando Trotta, è il rappresentante di quell’aristocrazia viennese che si gode gli ultimi fasti prima del disfacimento del glorioso impero austro-ungarico. È una nobiltà cosciente dell’imminente fine, consapevole della prossima decomposizione del Regno e della capitolazione del kaiser Francesco Giuseppe, su cui aleggia perennemente lo spettro della morte: La morte già intrecciava le sue ossute mani sopra i calici dai quali bevevamo, allegri e infantili. Nelle diverse relazioni presenti all’interno del romanzo quali l’amicizia, l’amore, il rapporto materno, la politica, i concetti di appartenenza genetica, identità, si ripetono richiamando la centralità del legame del protagonista e di un’intera classe sociale con la grande famiglia rappresentata dal regno asburgico, entro cui si definiranno i rapporti del Trotta.

Lo stato e il nazionalismo raccontano la loro unitarietà e omogeneità facendo ricorso a un linguaggio evocante il lessico famigliare. Le alte cariche statali sono come dei genitori che si prendono cura dei loro figli, il popolo, con il quale s’instaura un rapporto di fiducia, affidamento, dedizione, talvolta di delusione, disappunto, sfiducia il tutto però riconducibile a quel senso di appartenenza frutto di un corredo genetico condiviso.  La metafora familiare dello stato/nazione funge da concime per quel concetto indispensabile nella vita di ogni individuo che è l’identità. Di conseguenza, quando la famiglia alias lo stato/nazione comincia a sfaldarsi avviandosi verso la fine, un irreversibile processo di disintegrazione dell’identità individuale ha inizio. Trotta è innamorato dell’impero asburgico così come lo è di sua madre da cui ritornerà sempre e non abbandonerà mai fino alla morte. Il maggiore senso di familiarità con l’impero ha causato però un crescente allontanamento dalla donna, dovuto inoltre a uno scarto generazionale che testimonia allo stesso tempo della longevità del regno. Ma il richiamo delle radici è troppo forte, e la vista del suo grembo da cui egli ha avuto origine le restituisce il pieno diritto alla sola e incontrovertibile maternità che si può assopire ma mai annientare nella vita di un uomo. Paradossalmente la metafora dello stato come famiglia rivela la sua fragilità quando due o più generazioni messe a confronto mostrano quelle diversità che il succedersi delle epoche comporta determinando negli assetti sociali cambiamenti inevitabili; se volesse sopravvivere, la grande famiglia dovrebbe adeguarsi, altrimenti il suo destino è soccombere. Trotta, come la giovane aristocrazia di cui fa parte, abbraccia pienamente i valori, le usanze, i costumi imposti dall’ impero, andando più volte contro la sua natura. È innamorato di Elisabeth, vorrebbe confessarlo sia all’interessata sia a sua madre, ma il patto stipulato con i suoi amici di non lasciarsi indebolire dai sentimenti lo inibisce e lo blocca.

Ad un passo dalla grande guerra incontrerà suo cugino Joseph Branco e il vetturino Manes Reisige lontani anni luce dalle abitudini della nobiltà viennese, residenti in remoti villaggi dell’impero, appartenenti a diverse etnie, con i quali scoprirà un legame molto più vero e autentico.  Ecco che la presunta omogeneità comincia a vacillare perché per quanto si possa tentare d’ignorare l’esistenza di quegli anomali cromosomi, questi prima o poi si manifesteranno, palesando le molteplici anomalie genetiche del nucleo originario. Ancor più grave è il prendere coscienza che ognuno di quei cromosomi è portatore di un corredo genetico proprio fatto di usi, costumi, usanze, abitudini, valori, che contrastano con quelli della grande famiglia. E nella tragedia dello sfacelo sorge un’insospettata e piacevole verità: scoprire somiglianze, identificarsi con persone non appartenenti al sistema creato dall’impero, ritrovare una realtà alternativa a quella vissuta fino a quel momento. Trotta però non riesce a liberarsene, forse perché incapace di cogliere delle alternative, soprattutto di proporle. Sposerà Elisabeth pur capendo di non amarla, lascerà che lei e la sua famiglia si occupino per modo di dire del lato economico, barcamenandosi in un’attività destinata al fallimento essendo basata sul nulla. Ipotecherà ripetutamente la sua casa per far fronte ai debiti prodotti da sua moglie senza mai ribellarsi fin quando, sull’orlo del disastro finanziario, l’avvocato di famiglia gli suggerirà di fare della sua dimora una pensione. L’ennesima rottura con qualcosa che sa di familiare, di materno, la propria casa.  Ancora una volta affiderà gli affari alla consorte che dopo aver creato altri debiti e aver messo al mondo un figlio, li abbandonerà entrambi per darsi al cinema. Trotta non agisce, non decide mai, lascia che siano gli eventi e le persone intorno a determinare il suo destino celandosi dietro l’alibi della crisi dovuta al crollo dell’impero. Imputando alla politica, alla società, alla guerra la responsabilità del declino. Si lascia morire, senza provare a cambiare o almeno migliorare la sua condizione. La cripta del titolo non è solo il luogo fisico dove il Kaiser verrà sepolto, il termine di origine greca, significa nascosto. La cripta è quello spazio ideale in cui si rifugiano il Trotta e tutta la società aristocratica per sfuggire alle responsabilità, al cambiamento, rimanendo in una sorta di sospensione in cui ci si accontenta dei residui di una vita passata, raccattando quello che si può per mantenere l’illusione dell’agiatezza, in attesa che la morte arrivi e si assuma la responsabilità di porre una fine definitiva.

Attualmente la grave depressione economica che ha colpito l’Occidente, ha creato una mancanza di lavoro, di prospettive future, di possibilità di scelta, nonché di benessere e ricchezza le cui principali cause sono individuate nella cattiva politica del governo, nell’assenza dello stato nella vita dei suoi figli, nella corruzione,  ragioni assolutamente vere ed inoppugnabili. La conseguenza però è l’aver offerto un alibi dietro cui l’individuo si nasconde sfuggendo alle proprie responsabilità, aspettando che quell’entità astratta al di sopra di tutti noi, risolva il problema, proponga delle soluzioni. Nel frattempo inganniamo l’attesa rimpiangendo i bei tempi andati e lasciando che l’invidia ci corroda piano piano.

GNOCCHI IMPERIALI E MELE POP

Nel corredo culturale di un popolo, la cucina rappresenta un gene molto importante. Si può avere un repertorio musicale non molto ricco, un manuale letterario di poche pagine, ma credo che ogni nazione, stato, popolo, abbia il suo piatto della tradizione. E per rimanere in tema, abbiamo scelto di cucinare una specialità tipica dell’impero austro-ungarico perché presente sulle tavole di tedeschi, austriaci, cechi, slovacchi, polacchi, trentini e altoatesini, si tratta dei canederli, vi proponiamo sia la versione dolce sia la salata. Il protagonista, Trotta, li mangia durante uno dei tanti pranzi insieme a sua madre:

 Per me fu un’enorme manifestazione di amore materno: l’improvvisa, per così dire, irruzione dei pacifici gnocchi alle susine in prossimità della morte. 

Ed infine un dolce rivisitato che richiama molto la tradizione o meglio diverse tradizioni, lo abbiamo chiamato mele in sfoglia di streghe. La presenza al suo interno di un ingrediente appartenente alla tradizione eno-gastronomica beneventana, il liquore Strega, gli dà un tocco di tipicità delle nostre parti. Allo stesso tempo però il richiamo del più famoso strudel, altra specialità dell’impero austro-ungarico, è forte. A mettere d’accordo la maestosa tradizione austro-ungarica con la leggendaria tradizione beneventana sono le mele cotte o arrostite, dato che la ricetta prevede come base la cottura delle mele. Il cugino del Trotta, Joseph Branco, nella stagione autunnale, vende castagne e mele arrostite nella piazza del suo paese, fedele alla tradizione dei caldarrostai dell’impero. Anche noi vantiamo l’antica ricetta delle mele cotte sotto la cenere del camino, avvolte in fogli di carta stagnola. Così la domanda nasce spontanea: esiste una tradizione che può essere considerata pura, scevra di contaminazioni?

CANEDERLI ALLO SPECK (per 4 persone):

canederli allo speck

canederli allo speck

Per l’impasto:

– 250 gr di pane raffermo

– 100 gr di speck

– 1 cucchiaio di farina

– 1 bicchiere di latte tiepido

– 1 uovo

– parmigiano grattugiato

– prezzemolo/erba cipollina

Per condire:

– 80 gr di burro

– salvia

Preparazione:

Tagliare a cubetti il pane e metterlo in una ciotola con una parte di latte, aspettare che si ammorbidisca ed eventualmente unire il restante latte.

Tagliare lo speck a cubetti.

Schiacciare con una forchetta il pane ammorbidito, eliminare l’eventuale latte in eccesso ed unire il resto degli ingredienti.

Portare ad ebollizione l’acqua  già salata e intanto a parte in una padella far sciogliere il burro con la salvia.

Con le mani leggermente bagnate lavorare l’impasto formando degli gnocchi ed immergerli nell’acqua.

Far bollire fino a quando quando vengono a galla.

Scolare e passare i canaderli nella padella con il  burro e la salvia.

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CANEDERLI CON MARMELLATA DI PRUGNE (impasto per 30 canederli c.ca)

canederli con marmellata di prugne

canederli con marmellata di prugne

La ricetta originale di questo piatto per il ripieno prevede l’utilizzo delle susine che vengono private dell’osso che viene sostituito da una zolletta di zucchero ma, al frutto, si può sostituire una buona marmellata di prugne. Come in questo caso.

Per l’impasto:

– 1 kg di patate

– 200 gr di farina

– 3 tuorli

Per il ripieno:

–          susine , zollette di zucchero (30 c.ca) oppure marmellata di prugne.

Per la copertura:

– 250gr di burro

– 100 gr di pangrattato

-2 cucchiai di zucchero

– 1 cucchiaio di cannella

Preparazione:

Lavorare le patate cotte e schiacciate con la farina e i tuorli.

Stendere l’impasto ottenuto e formare dei dischetti o rettangoli al centro dei quali bisogna porre la marmellata o le susine.

Con le mani formare degli gnocchi.

Portare a ebollizione l’acqua e immergervi i canederli. Far bollire fino a quando non vengono a galla

Intanto in una padella far rosolare il burro, lo zucchero e il pangrattato.

Una volta cotti, passare i canederli nella padella.

Adagiarli su un piatto e spolverizzare con la cannella.

Servire caldi.

MELE IN SFOGLIA STREGATE:

mele in sfoglia di strega

mele in sfoglia stregate

Per la crema pasticcera:

– 2 uova

– 2 cucchiai di zucchero

– 2 cucchiai di farina

– 250 gr di latte

Mescolare bene le uova e lo zucchero, nel frattempo riscaldare il latte, aggiungere la farina e mescolare ancora. Quando il composto si è ben amalgamato versare il latte tiepido e continuare a girare, sempre nello stesso verso. Quando la crema comincia a bollire, togliere dal fuoco continuando a mescolare fino a ottenere la giusta consistenza.

Per le mele stregate:

– 2 mele (qualsiasi possediate in casa)

– 1 confezione di pasta sfoglia

– 4 cucchiai di liquore “Strega”

Sbucciare le mele, bagnarle abbondantemente nel liquore. Quando la crema si sarà raffreddata spalmarla sul frutto, anche in questo caso occorre abbondare. Stendere la pasta e ricavarne quattro dischetti, prendere la prima mela e avvolgerla nei primi due dischi, uno alla base, l’altro nella parte superiore. Fare lo stesso con l’altra mela. Cuocere in forno per circa 40 minuti a 180°. Una volta cotte, aspettare che si raffreddino e decorare con zucchero a velo.

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