Un equivoco nato da una frase, gli uomini non si voltano più a guardarmi, è alla base del romanzo di Milan Kundera, L’identità. Un romanzo i cui protagonisti dialogano raramente tra di loro, agendo sulla base d’ipotesi, potentemente espresse dal discorso indiretto libero. Sembra un dialogo a distanza tra due persone vicine, che si parlano dandosi le spalle. Sono sempre sullo stesso palcoscenico, nella medesima scena, anche se di volta in volta, in un gioco degli equivoci e scambi d’identità, si trovano ad interpretare altri personaggi. Chantal, vittima di un’insicurezza tutta femminile, dovuta alla menopausa, diventerà agli occhi di Jean Marc una donna superficiale, promiscua, cinica, insomma un’altra. Il meccanismo che dà il via a questo scambio di identità sono le lettere che Jean-Marc comincia ad inviare alla sua compagna, fingendosi un ammiratore segreto e acquisendo diverse identità, proiezioni delle fantasie di Chantal su chi possa essere il misterioso corteggiatore. È un giovane nobile, un medicante, uno scansafatica che non ha nulla da fare, fino a diventare uno spione. Vecchie identità si perdono e altre vengono alla luce. Nelle fantasie di entrambi, prendono vita degli aspetti dell’uno e dell’altra che fino a quel momento avevano taciuto. Essere parte di una coppia significa vedere nell’altro o nell’altra solo certe cose (forse quelle che ci fanno più comodo), scartando tutte le altre. Un giorno, all’improvviso, quegli aspetti che avevamo eliminato, si ripresentano, spaventandoci fino a mettere in discussione l’identità dell’altro, della serie “Non ti riconosco più”, “ti sei rivelata tutt’altra persona”, “chi sei veramente”. Chantal, da giovane, immaginava di essere come il profumo di una rosa e sperdersi tra gli uomini; quando ha incontrato Jean Marc e ha scelto l’unicità, ha indotto al coma quella parte di sé, affermando il lato più monogamo. D’altro canto Jean-Marc nella moltitudine si è perso veramente, non avendo saputo scegliere tra le molteplici possibilità che gli si sono presentate, condannandosi all’inettitudine, privo di qualsiasi ambizione, costantemente afflitto dal morbo della noia. Accontentandosi, così, di vivere in una condizione di subordinazione rispetto a Chantal, la sua sola realizzazione. Come egli stesso si definisce, è un mendicante di lusso, che vive ai margini della società ma non della strada, abitando in un appartamento elegante e conducendo una vita agiata, grazie alla donna che ha accanto. Di conseguenza, il primo vero scambio di ruoli avviene tra Jean-Marc e Chantal, e riguarda la ridefinizione delle funzioni generalmente riconosciute all’interno di un rapporto di coppia. Jean-Marc sta a casa o tutt’al più lavora part-time, senza contribuire alle spese finanziariamente rilevanti, mentre Chantal sta fuori un’intera giornata e, come si dice, porta avanti la baracca. Scambio di ruoli consapevolmente accettato, ma la cui forzatura, ad un certo punto, si scontra con esigenze proprie dell’istinto dell’uomo e della donna. L’immagine da cui prende il via la serie di equivoci in cui cadrà la coppia, è quella dei papà nei panni di perfetti “mammi”; totalmente assorbiti dalla prole, si trascinano affianco o in dietro, mogli dallo sguardo assente, annoiate. Dinanzi ad una simile scena, nel suo inconscio, Chantal comincia ad agitarsi, temendo di aver trasformato Jean-Marc in quella specie di uomini.
Dall’altro lato, Chantal è la possibilità, tra le molteplici, che Jean-Marc ha scelto, è un lavoro. La sua missione è farla stare bene, concentrare su di lei tutte le sue energie. Perderla significherebbe perdere il suo lavoro, l’ambizione della sua vita. Chantal, a sua volta, cerca di far valere la sua indipendenza, autonomia, allontanandosi da Jean-Marc, alla ricerca di altre avventure, sessualmente promiscue. Ma alla fine scoprirà di essere molto più dipendente di quanto creda da Jean Marc, che le restituirà la sua presunta identità, ormai perduta in un’orgia che le provoca ribrezzo.
La storia di Chantal e Jean-Marc nelle sue complicazioni, piuttosto estreme, che non fanno più scindere la realtà dal sogno, rivela una verità molto semplice, che ci rende vulnerabili quando amiamo qualcuno: la paura di perdere quella persona, intorno alla quale costruiamo la nostra vita, in una reciproca fusione di identità. Ed il confine tra finzione e realtà è talmente labile, da realizzare una vera e propria commedia degli equivoci, spesso dalle irreversibili conseguenze.
Che cos’è l’amor: noia o gioia?
La cena è per le coppie un’occasione di svago che si ripete molto spesso; quando ci si vuole coccolare, stare un po’ soli, la cosiddetta “cenetta”è la situazione più appropriata. Anche Chantal e Jean-Marc si dedicano una serata, concedendosi una cena, il cui tema di conversazione è la noia, prendendo spunto da una coppia in preda al mutismo. Jean-Marc è piuttosto contraddittorio, sostenendo in un primo momento che l’assenza di dialogo tra due persone non vuol dire necessariamente la fine di un amore, e critica sua zia che parla in continuazione, temendo di annoiarsi. Poi, dopo un serata di conversazione e divertimento con Chantal, il suo umore subisce un cambiamento fermandosi a riflettere sulla noia nell’odierna società, dominata dall’ indifferenza verso tutto. Il solo antidoto è il partner con cui parlare di tutto ciò che accade. E allora le coppie, e mi è capitato di vederne davvero tante, che siedono allo stesso tavolo ma tacciono guardandosi intorno nella faticosa attesa che il tempo passi, hanno forse altri interessi, più coinvolgenti, che li distolgono da quel contesto? La loro vita è così piena della passione per il lavoro, un hobby, un progetto, da aver esaurito ogni interesse per la persona che hanno di fronte? O, al contrario, parlare smodatamente, significa invece aver identificato in quella persona la sola fonte di stimolo al mondo, al di fuori della quale, come direbbe Califano, tutto il resto è noia? Per Jean-Marc nessuno amore sopravvive al mutismo, smentendo quanto affermato a inizio serata. Secondo la sua prospettiva, l’amore è solo un espediente per non morire di noia in una società che ha perso ogni passione autentica? Me lo domando perché prima ancora di Jean-Marc è capitato anche a me di chiedermelo. Che cos’è l’amor? Si chiederebbe invece Capossela.
Noi abbiamo qualche suggerimento per impedire che la noia rovini la vostra serata, proponendovi dei tenerissimi cuori di venere, soffici plum-cake con un cuore di crema nera.
Non soddisfatta, la nostra cuoca Marianna, seriamente preoccupata che la noia potesse guastare la serata ha pensato: meglio che si rimpinguino, anziché vegetare in uno stato di insofferenza. Ha escogitato così un romantico tiramisù, molto semplice da preparare, dal cuore fondente, senza rinunciare agli intramontabili savoiardi, altrimenti che tiramisù sarebbe?
Cuori di Venere
Ingredienti (dose per otto mini plumcake)
Per l’impasto
-125gr di farina (metà tipo 0 e metà di mandorle)
-85gr di burro
-2 uova
-il succo di mezz’arancia
-125gr di latte
-mezza bustina di lievito per dolci
In una terrina mescolare le uova, lo zucchero e il burro morbido, aggiungere la farina, il succo di arancia e il latte, amalgamare il tutto ed infine aggiungere il lievito, lavorare ancora un po’ e trasferire l’impasto nei pirottini a forma di cuore.
Infornare in forno preriscaldato a 160°per 25/30 minuti.
Per il ripieno:
-1uovo + un tuorlo
-100gr di cioccolato fondente 90% “Cioccolateria Veneziana”
-30gr di maizena
-30 gr di cacao amaro in polvere
-250gr di panna liquida
-250gr di latte
In un pentolino portare a bollore il latte con la panna. Nel frattempo, in una terrina, lavorare con la frusta le uova e lo zucchero, aggiungendo poi la maizena e il cacao; mescolare bene e aggiungere a filo il latte con la panna, versare il tutto in un pentolino e portare nuovamente a bollore mescolando delicatamente affinché non si formino dei grumi. Infine spegnere la fiamma, aggiungere il cioccolato tritato e lasciare che il composto si addensi. Trasferire la crema in una ciotola di ceramica, coprire con della carta pellicola e lasciar raffreddare.
Una volta pronti, togliere i plumcakes dal forno e lasciarli raffreddare, successivamente con l’aiuto di una sac à poche riempirli di crema al cioccolato.
Tiramisù Afrodite
Ingredienti
200gr di biscotti savoiardi
-latte q.b
-crema al cioccolato fondente ( vedi ricetta sopra)
– scaglie di cioccolato bianco “Cioccolateria Veneziana”
Procedimento
In una pirofila ricoprire il fondo con uno strato di crema al cioccolato, comporre poi uno strato di biscotti savoiardi, leggermente bagnati nel latte, e ricoprire il tutto con la crema al cioccolato. Ripetere lo stesso procedimento per ogni strato desiderato. Ricoprire l’ultimo strato di crema con le scaglie al cioccolato bianco.