Armonici dissidi

Armonici dissidi
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Francesca Garau

Francesca Garau

Quel male di vivere che tanto ha tormentato poeti e scrittori del passato, sembra non trovare una cura nemmeno oggi. Già nel titolo, Alternativo a te, romanzo di Francesca Garau, si manifesta una vicinanza di opposti che preannuncia il dramma e allo stesso tempo l’essenza della vita. Mi piacerebbe raccontare questo romanzo servendomi della poesia, quella di Baudelaire, partendo da uno dei conflitti che tormenta il giovane protagonista, Denny, il quale dovrà scegliere tra due donne agli antipodi: Bianca, bellezza angelica, da dolce stilnovo, e Agata, creatura infernale e pericolosa, un fiore del male. Di quest’ultima, due sono gli aspetti da cui si sente attratto Denny e che ricorrono costantemente quando ne descrive la figura: i capelli e il profumo. Nella sezione Spleen e Idèal, e in particolare in Purfum exotique(Profumo esotico) e La Chevelure (La capigliatura), il profumo del seno di Jeanne Duval, amante del poeta con cui vivrà una burrascosa e conflittuale relazione, evoca in Baudelaire immagini di luoghi lontani ed opulenti; e i suoi lunghi capelli scuri, raccolti in una treccia gli rimandano infiniti spazi esotici dove il piacere arriva al culmine, in un’immagine di abbandono all’altro che sembra non avere nulla di carnale, ma tutto di spirituale. Realizzai che ancora una volta lei, nel bene o nel male, fisicamente o non, era capace di violentarmi l’anima. É la sensazione che prova Denny al contatto e alla vista del profumo dei capelli di Agata. Agata, per buona parte del romanzo, è il simbolo del male, della violenza, di tutto ciò che vi è di più basso. Ma è nel senso di rifiuto e di disgusto che la giovane, sua carnefice, suscita in Denny, che si nasconde l’attrazione verso questo oggetto del male. Ne Le Vampire (Il Vampiro), il poeta confessa disperatamente la perversa ossessione per Jeanne Duval, descritta  nella  prima strofa come un  pugnale, un drappello di demoni, di cui non riesce a liberarsi, paragonando la sua dipendenza a quelle, spesso irreversibili, dell’alcolista e del giocatore. E ancor più significativa è la strofa finale in cui il poeta ammette la sua incapacità a debellare il male, che se sconfiggesse, riporterebbe in vita l’attimo dopo. La storia d’amore tra Denny e Agata comincia all’insegna della violenza, non solo la giovane picchia e insulta, a più riprese, insieme al gruppo di teppisti di cui fa parte, Denny, ma addirittura lo ferirà con un coltello, entrandogli dentro allo stesso modo in cui Jeanne Duval penetra nel petto di Baudelaire. E Danny, per quanto odio e disprezzo provi nei suoi confronti, non sfrutterà mai le occasioni in cui potrebbe ferirla mortalmente. Al contrario, interverrà numerose volte per salvarla, fino a quella più clamorosa, in cui perderà i sensi e verrà salvato dal suo professore di psicologia. Il loro rapporto si presenta sin dall’inizio come una lotta, derivante dall’ odio che, come ha sostenuto qualcuno, contribuisce a rendere eterno l’amore. L’odio come strumento, paradossalmente, per non staccarsi dall’altro. Nel sonetto Duellum, Baudelaire descrive l’amore come un corpo a corpo tra nemici inconciliabili, il suo piacere scaturisce dal piacere a fare male: Caliamoci, empia amazzone, senza un rimorso, giù, e l’odio che ci brucia non si spenga mai più!. Di solito a bruciare è l’amore!

Dall’altro lato, Bianca, figura immacolata, angelica, delicata, avvolta da un’aurea luminosa. Denny, inizialmente innamoratone, ben presto vedrà i suoi sentimenti raffreddarsi, lasciando spazio solo alla contemplazione della bellissima immagine. Bianca è la persona con cui Denny condivide la sua passione per l’arte, ballerina lei e musicista lui. Bianca è al confine tra l’amore per la donna angelica e l’amore per l’arte, la bellezza. Bellezza che è fredda, impassibile, che mai piange e mai ride. L’arte nel romanzo della Garau riveste un ruolo molto importante, e attraverso il ballo di Bianca e la musica di Denny, si realizza una correspondance tra forma, suono, linea, movimento. Bianca è la Mme Sabatier del romanzo, simbolo dell’armonia, dell’intero, in cui tutto si fonde, tutto corrisponde. Bianca è l’ideale della bellezza, della corrispondenza, del tutto e dell’uno.

Il romanzo, il cui tema principale è l’emarginazione del più debole, del diverso, fa di Danny l’emblema della sofferenza di una società troppo distratta e soprattutto troppo impegnata a cambiare, in un ritmo serrato che lascia indietro i più sensibili e dà spazio a mostri umani.

È cresciuta Parigi: è un’altra, ormai (ah, più volubilmente del cuore d’un mortale una città si muta).

Denny, come Andromaca, come il cigno, come lo stesso poeta, si sente esule nella sua patria che s’identifica di volta in volta con le varie espressioni sociali, la famiglia, prima di tutto, la scuola, la città, gli amici, da cui il giovane scapperà, per vivere situazioni opposte. Alla famiglia preferirà l’affetto di un estraneo, all’ esperienza della città si alternerà quella del bosco, all’amico sostituirà la compagnia di un falco. E come il cigno che privo della sua patria, vale a dire l’acqua, si rivolge a Dio per chiedere spiegazioni, allo stesso modo Denny invocherà ripetutamente l’intervento divino affinché lo faccia morire, tale è la sofferenza nel sentirsi fuori luogo, esule, privo di una naturale condizione che si confaccia alla propria essenza. A questo punto, forse, mi sarei aspettata un finale più coerente con quell’irreversibile male di vivere che affligge Denny, un finale meno fittizio e più realista, e non per questo meno positivo. Un finale ossimorico, in cui l’accettazione del male rappresenta il bene.

Le pietanze del male

In fin dei conti la cucina è il luogo in cui la lotta tra spleen e idéal, angelico ed infernale, bello e brutto, leggero e pesante, e potremmo andare avanti ancora per molto, si combatte continuamente. Con il risultato che le cose che ci fanno male, sono quelle che amiamo di più, proprio come Denny e Agata. Un rapporto tormentato che ci pone dinanzi a scelte a cui finiamo sempre col dare la stessa risposta: E vabbé per una volta si può anche fare!Peccato che quella volta si ripeterà ancora, nell’illusione di  un’unica ed infinita occasione. Espressione inoltre familiare a chi, dalla più piccola alla più significante, è vittima di una dipendenza.

La cucina, inoltre, è il luogo in cui si realizzano sinestesie, odori che riportano alla mente immagini, scoppiettii che fanno venire l’acquolina in bocca; nel cibo tutto corrisponde, si richiama; il piatto finito è la prova dell’esistenza di una dimensione armonica in cui colori, sapori, odori si fondono perdendo la loro identità per dare vita ad una sola ideale entità. Quando il cibo è servito nel piatto, ogni contraddizione si dissolve, i contrasti svaniscono, i contrari si abbracciano, perché senza gli opposti il piatto non potrebbe esistere.

Sulla scia del dissidio tra contrari, vi proponiamo piatti nella doppia versione, dannosi e salutari, luminosi e sgargianti, immacolati e contaminati. Cominciamo con un bel sartù di riso il cui rosso intenso unito ad un generoso ripieno, è assolutamente infernale, soprattutto se confrontato con una piatto di riso bollito, a malapena sfiorato da un cucchiaio di salsa scarsamente condita. Segue poi, come in un inferno dantesco, pasta e fagioli con la cotica, attraverso cui ci immettiamo nei gironi e nelle malebolge, in una volta sola. Per ascendere all’empireo, accostiamo alla pasta e fagioli una pasta in bianco con un filo d’olio e una spolverata di parmigiano. Si noti come i colori puntellino questa sfida tra infernale e paradisiaco, al bianco e alla luminosità del riso e della pasta, allo stato quasi immacolato, si contrappongono le tinte scure e sgargianti del sartù e della pasta con i fagioli e le cotiche! In un perverso piacere, abbiamo voluto rendere anche le verdure meno salutari e più malefiche, cucinando a’mberciata, come la chiamiamo dalle nostre parti. Si tratta delle foglie delle cime di rape saltate in padella con pane e abbondante peperoncino, ovviamente il tutto copiosamente condito con olio e aglio. Facciamo rientrare nel rango di piatti salutari le verdure, contrapponendo alla ‘mberciata le cime di rape condite con un filo d’olio crudo, senza sale.

Insomma si pensa che i dissidi, le lotte interiori, si verifichino solo ai piani alti della letteratura, nella poesia, nei romanzi. A ben vedere però ci seguono nella vita di tutti i giorni, in contesti meno drammatici e dal tono  meno elevato.

Ma non vogliamo salutarvi lasciandovi in un’atmosfera disarmonica, allora come il finale di questo libro, vi proponiamo un dolce soufflé al cioccolato. Non chiedetevi se fa bene o se fa male!

Sartù di riso

Sartù di riso

Sartù di riso

Ingredienti

  • 400 gr di carne macinata
  • 400 gr di riso
  • 300 gr di piselli surgelati
  • 4 uova sode
  • mezzo barattolo di salsa
  • mezzo barattolo di passata concentrata
  • metà provola tagliata a cubetti
  • metà fior di latte tagliato a cubetti
  • mezzo bicchiere di vino bianco
  • parmigiano grattugiato
  • cipolla
  • olio evo
  • sale q.b.

Procedimento

Mettere a bollire le uova, una volta cotte, sgusciarle e metterle da parte.
In un tegame mettere a rosolare la cipolla con la carne macinata, far cuocere per qualche minuto e aggiungere i piselli, sfumare con il vino bianco e lasciar evaporare. Dopo qualche minuto unire la passata e la salsa, abbassare la fiamma e lasciar cuocere per 30/40 min. A parte portare a bollore l’acqua e far cuocere il riso.
Tagliare la provola e la mozzarella.
Prendere uno stampo per ciambelle, imburrarlo e cospargerlo di parmigiano.
Una volta che il riso è cotto lo trasferiamo in un recipiente e lo condiamo con il ragù di carne e piselli, amalgamare bene il tutto e versare un primo strato nello stampo e ricoprire con le uova, la provola, il fior di latte e la mozzarella, concludere con la restante parte di riso e cospargere di parmigiano, infornare in forno preriscaldato a 200° per c.ca 30 minuti.
Una volta pronto, sfornare e lasciare riposare per qualche minuto.

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Pasta e fagioli con le cotiche

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Pasta e fagioli con le cotiche

Ingredienti

  • 300g di fagioli borlotti
  • 200g di cotica
  • 40g di pancetta
  • 250g di ditali
  • 1 scalogno
  • Una carota
  • Un gambo di sedano
  • Passata di pomodoro

Procedimento

Lessare i fagioli aromatizzando con due foglie di alloro. A parte, bollire la cotica. In una pentola, mettere a soffriggere la pancetta con lo scalogno, il rosmarino, il sedano e la carota tritati. Aggiungere un cucchiaio di passata di pomodoro e la cotica lessata; una volta insaporito tutto, versare metà dei fagioli passati. Cuocere la pasta e unirla al sughetto aggiungendo poi la parte restante dei fagioli. Prima di servire insaporire con un cucchiaio di olio a crudo.

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A ‘MBERCIATA

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A ‘MBERCIATA

Ingredienti

  • Un mazzetto di cime di rape (foglie)
  • Pane a piacere
  • Olio evo
  • Aglio
  • Peperoncino

Procedimento

Bollire le foglie di rapa e farle raffreddare. In una padella far soffriggere l’olio con l’aglio e il peperoncino, aggiungere poi le foglie, far insaporire, e unire il pane. Cuocere fin quando il tutto si sarà ben insaporito ed amalgamato. Salare a piacere. Servire accompagnando con un bel bicchiere di vino rosso.

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 Sufflè di cioccolato fondente

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Ingredienti

  • 250 gr di cioccolato fondente
  • 80 gr di burro
  • 20 gr di farina
  • 2 uova + 1 tuorlo
  • 1 bustina di vanillina
  • 10 gr di cacao amaro in polvere

Procedimento

In un pentolino mettere a bagnomaria il cioccolato tagliato grossolanamente, aggiungere il burro tagliato a pezzetti e amalgamare.
Nel frattempo in una ciotola mettere le uova, la vanillina e lo zucchero, lavorare fino a che il composto diventi gonfio e chiaro.
Togliere il cioccolato dal fuoco e incorporarlo al composto continuando a sbattere, infine aggiungere la farina e il cacao in polvere setacciati insieme.
Imburrare e ricoprire di cacao gli stampini e riempirne poco più della metà con il composto.
Infornare in forno giá caldo a 180 gradi per 13/15 min al massimo, sfornare i tortini e lasciarli intiepidire.
Capovolgerli su di un piatto e cospargerli di zucchero a velo.

 

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