Aristocraticamente signora, selvaggiamente donna

Aristocraticamente signora, selvaggiamente donna
Aristocraticamente signora, selvaggiamente donna 5 1 Anonymous

maugham

Nell’ultimo scorcio dell’epoca vittoriana, la parabola passionale di Bertha Ley sembra la metafora del fallimento della fusione di filosofie e visioni appartenenti rispettivamente al passato e al futuro. Nel romanzo di Somerset William Maugham, La Signora Craddock, pubblicato nel 1902, sembrano combattersi le lungimiranti visioni di una classe sociale ormai al tramonto e i germi di nuovi atteggiamenti sociali in un contesto in cui antichi e atavici conflitti di classe fanno da sfondo. Bertha rappresenta l’inesorabile declino dell’aristocrazia nell’Inghilterra vittoriana, dove si va affermando, prepotentemente, una classe meno luccicante e raffinata che ha però dalla sua capacità finanziarie e produttive di gran lunga superiori. Bertha, appartenente ad una famiglia aristocratica ormai in rovina, non esita a compromettere il suo status sociale in nome della passione decidendo di sposare il fattore di origini contadine, Edward Craddock. La classe aristocratica, personificata da Bertha, ormai non ha più nulla da perdere, priva di qualsiasi rilevanza politica, continua ad esprimere illusoriamente il suo potere nelle occasioni mondane, dove sfoggia lussi e fasti faticosamente conquistati a botta di debiti. Privata del fascino e del potere un tempo posseduti, è una nobiltà che finalmente può esprimersi per quello che è, che pensa e che sente veramente, più naturale e per questo anche più simpatica, dotata di una saggezza da senilità; consapevole del proprio declino, non deve più sottostare alle rigide regole del protocollo e giustificarsi agli occhi di una società che sta cambiando velocemente ed è attratta da nuovi modelli di classe e comportamentali. La penombra in cui è stata confinata, le offre l’imperdibile occasione di agire secondo istinto, incondizionatamente, ma con una marcia in più: la furbizia di chi ha attraversato i secoli e ha avuto modo di conoscere l’umanità. La zia di Bertha, Polly, donna ironica e intelligente, come lei aristocratica, non proverà mai ad ostacolare l’amore dei due giovani, contrariamente al tutore di Bertha, il Signor Ramsay, di origini contadine. Quest’ultimo, all’inizio, si accanisce ferocemente contro la scelta di Bertha di sposare un uomo che non è del suo rango, uno squattrinato, a metà strada tra l’essere un gentiluomo e un contadino, simbolo di quella classe sociale che sta soppiantando l’antica aristocrazia. Il Signor Ramsay che vanta le stesse origini di Edward, rappresenta quella fetta della società che, grazie ad una maggiore disponibilità economica, crede di potersi automaticamente impadronire di atteggiamenti propri degli autentici blasonati. Zia Polly ci vede lungo, ha colto i cambiamenti sociali che si stanno verificando e lascia che la nipote esprima i suoi sentimenti, le sue attrazioni, sebbene non condivida la scelta di Bertha. Sostenitrice di una visione precocemente femminista, che celebra l’indipendenza finanziaria delle signore come mezzo per non incatenarsi al matrimonio, necessario per la sopravvivenza della maggior parte delle donne, è fin troppo cosciente dell’abisso di diversità che divide i due giovani. L’aristocrazia stava scomparendo è vero, ma certe differenze non si cancellano, per quanto ci si possa sganciare dalla classe sociale a cui si appartiene, questa influenza il nostro modo di essere, i nostri gusti, le nostre visioni che, se formalmente sono superati, nella sostanza restano, come un marchio indelebile. Dopo il matrimonio Bertha dovrà affrontare una verità dura e dolorosa che cambierà totalmente la sua vita: Edward non l’ ama o meglio non allo stesso modo in cui lo ama lei. La sua educazione caratterizzata da una spiccata sensibilità letteraria e musicale, ha contribuito, proprio come la sua corrispondente francese, Madame Bovary, a costruire un’ideale d’amore esasperatamente romantico, di due anime in una, del non riesco a vivere senza di te, di bollenti e struggenti passioni, di piccole attenzioni, di condivisione e follie. Ma soprattutto di desiderio sessuale, Edward è un bellissimo giovane, numerose sono le scene in cui Maugham accenna alle smanie e alle fantasie di Bertha alla vista del suo uomo, così come la fierezza che rende il marito una conquista da esporre superbamente, in uno stravolgimento dell’abituale binomio donna-oggetto in cui è la donna ad essere protagonista di pensieri proibiti, di voglie irrefrenabili e l’uomo oggetto; spogliandosi di quell’innocenza e trascendentalità che molto spesso la letteratura le ha affibbiato. Edward, perfetta personificazione della nascente middle-class, con un forte senso del dovere e della responsabilità, totalmente dedito al lavoro, sembra una figura priva di pulsazioni sessuali nonostante la virilità fisica che lo contraddistingue e che non è un’emanazione diretta della sua persona ma ad essa estrinseca ed estranea: è Bertha che lo vuole vedere così. Il suo atteggiamento non è dovuto ad un senso di repulsione nei confronti della moglie quanto ad una forma d’ingenuità che sfocia nell’infantilismo e nella rozzezza. Infantile perché Edward sembra non prendere mai nulla sul serio, neanche le questioni che lo richiederebbero, affrontando tutto con un’irritante spensieratezza e allegria, rozzo perché la sua vita è scandita da attività molto elementari quali il lavoro, il cibo, il sonno e solo di tanto in tanto, probabilmente giusto per procreare, dall’accoppiamento. Spesso l’autore lo definisce un uomo privo d’immaginazione. Ama le cose semplici che non necessitano una particolare impegno, e per meglio semplificarsi la vita interpreta gli atteggiamenti umani, in particolare quelli delle donne, attraverso i comportamenti degli animali, credendo di azzeccarci sempre. Tutte le altre attività le svolge per il puro gusto della competizione e dell’onore, a cui anch’egli è molto legato. Quando Bertha, dopo una lunga separazione tornerà, aumenterà la sua convinzione che le donne sono come le galline, bisogna lasciarle sfogare nel loro spazio affinché si tranquillizzino, credendo così di averla domata. L’innovazione e la modernità del romanzo di Maugham consistono invece proprio nella proposta di un’immagine femminile nuova. Bertha per quanto possa evocare la Signora Bovary, soprattutto nel titolo, si distanzia profondamente dal personaggio di Flaubert, Emma è una donna passiva, Bertha no. Non è Edward a scegliere Bertha, bensì il contrario, spinta prima di tutto da una fortissima attrazione sessuale che la porta a battersi per ottenere quanto vuole, riuscendoci. Quando scopre che il suo matrimonio potrebbe non darle la felicità sperata, non si arrende subito, lotta strenuamente, urla, scalpita, grida le sue ragioni, si allontana, si ribella pur di ricevere un gesto che le faccia credere che Edward l’ami allo stesso modo. Ed ogni volta che demolisce il suo amore è pronta a ricostruirlo nuovamente. Bertha non ha fatto alcuna scelta di convenienza, ha seguito il suo istinto, ha fatto ciò che desiderava, si è presa l’uomo che voleva, da cui era sessualmente attratta. È vero, anche lei si procurerà un amante, ma a differenza di Madame Bovary, di Lady Chatterley, tutte donne che portano il cognome del loro marito, crede e lotta per il suo matrimonio, venera e ammira l’uomo che le è accanto, non scappa, lo farà solo quando si renderà conto che non le potrà dare ciò che desidera. Lei ha deciso quando amare e quando smettere ma Edward è così limitato e pieno di sé da non riuscire a capire, o forse finge, che la donna ormai prova nei suoi confronti solo indifferenza e repulsione. Bertha le sue rivincite rispetto alle umiliazioni subite se le prenderà, lascerà venir fuori Edward in tutta la sua mediocrità, provando quasi pietà per la sua ignoranza e limitatezza, diventerà indifferente alla sua assenza che se un tempo le pesava ora è l’unica soluzione per far sopravvivere la loro unione. La seconda volta che si separa da Edward tornando da sua zia, convinta a non voler ritornare dal marito, abbandonerà Londra solo perché incappa nell’ennesima delusione sentimentale, questa volta col giovane e ammaliatore Gerald Vaudrey. Paradossalmente l’insopportabile sofferenza la induce a ritornare in un posto la cui asetticità emotiva un tempo l’aveva fatta scappare. Ma sarà ancora lei a decidere, lo farà fino alla fine quando Edward morirà e Bertha dovendo scegliere quale ricordo del marito portare con sé, se l’immagine dell’ attraente giovane che le aveva fatto perdere la testa o quella del vecchio, calvo e ingrassato, di cui era irrimediabilmente disamorata, opta per quest’ultima. Avendo amato la prima volta senza alcun riscontro dall’altra parte, la seconda sceglie di non amare e vivere liberamente, riprendendo la sua vita dove l’aveva interrotta. «Vicino a lei c’era quello stesso libro che stava leggendo giorni prima mentre aspettava Edward. Lo aveva lasciato lì aperto, a faccia in giù, quando si era alzata dal divano per prendere il tè, era rimasto ancora lì. Era stanca di continuare a pensare, e, ripresolo, continuò a leggerlo tranquillamente dal punto in cui lo aveva lasciato».

LA COLAZIONE: UNA QUESTIONE DI GUSTO O DI CLASSE?

Che la colazione per gli inglesi sia un pasto particolarmente importante ce lo rammenta anche Maugham nel suo romanzo. Talmente importante che risulta davvero complesso stabilire quale sia il limite tra la colazione ed il pranzo, senza rischiare di scambiare l’abbondante pasto a lunga scadenza che ti accompagna fino all’ora di cena, per un pranzo. Ed è proprio nel diciannovesimo secolo, nel periodo vittoriano, che la colazione acquista importanza anche se solo per le classi più abbienti, che possono permettersi di stare comodamente sedute a tavola e mangiare. Quella vittoriana è una colazione davvero ricca che comprende: pesce grigliato, cotolette di montone, bistecche di carne, reni di pecora alla griglia, salsicce, fette di pancetta, pancetta e uova in camicia, prosciutto, omelette, uova sode, uova in camicia su toast, muffin, toast, marmellata, burro e altro ancora. Maugham non si lascia sfuggire l’occasione per realizzare tramite il cibo un’analisi di carattere sociologico che evidenzia come l’alimentazione al di là della sua importanza nutritiva, sia uno dei simboli di maggior risalto nella differenza tra le varie classi sociali. Emblematico a tal proposito è l’episodio della colazione organizzata presso l’aristocratica Signora Branderton a cui prendono parte le varie personalità di spicco ma non di sangue blu del piccolo borgo rurale di Blackstable, le quali restano profondamente deluse dalla modestia del pranzo offerto dalla nobildonna, lamentandosi di avere ancora fame: «Il pranzo era pessimo. La Signora Branderton, sempre alla moda, sdegnava le portate sostanziose delle colazioni campagnole, cioè: zuppa densa, sogliole fritte, cotolette di montone, montone arrosto, fagiano, charlotte alla russa e varie gelatine, e con il pretesto che si sentiva di dover essere un po’ più distante, somministrava agli ospiti una zuppa chiara chiara, entrées comprate al negozio, gallina en casserole ed infine un dolce di bell’effetto, ma immaginabile. Il pranzo, anche se era elegante, non saziava, così particolarmente sgradevole per i signori anziani dall’appetito formidabile.» La notevole differenza di palato tra la Signora Branderton, rappresentante l’aristocrazia, e il nutrito gruppo di notabili dalle innegabili origini campagnole, potrebbe appunto riguardare una semplice questione di gusto che tanto semplice sembrerebbe non essere, sostengono i sociologi. La questione del gusto è una spiegazione insoddisfacente perché in realtà non si tratta di scelte frutto del proprio arbitrio bensì di non scelte, d’imposizioni dettate dall’ambiente, dalla condizione sociale, economica o culturale. Secondo il sociologo Claude Fischler i fattori determinanti la trasmissione e la genesi dei gusti sono individuabili nella famiglia e nell’educazione. Gli stessi gusti di Bertha ed Edward sono profondamente diversi, non solo nella scelta dei cibi ma anche nelle quantità, Edward ingurgita enormi bocconi, totalmente concentrato sul piatto, Bertha interpreta la tavola come un’occasione di confronto, di scambio di idee, di conoscenza, tanto da presentare Edward alla famiglia invitandolo al breakfast. Davvero esilarante e allo stesso tempo profondamente triste la scena in cui mentre Bertha è alle prese con un doloroso travaglio che culminerà con la nascita del bimbo morto, Edward informato dal dottor Ramsay che sua moglie dorme sotto l’effetto dell’oppio, si rallegra che ciò sia capitato proprio all’ora di cena e invita l’amico a fermarsi. Edward consuma il suo pudding in assoluta tranquillità, gustandolo fino all’ultimo boccone, sprofondando poi in un sonno beato a cui avrebbe fatto seguito un’altra giornata d’intenso lavoro. Una delle cose che ho maggiormente apprezzato di Maugham è l’ironia, la spietata comicità con cui non esita a ridicolizzare i suoi personaggi, in particolare Edward.

La centralità della colazione nel romanzo di Maugham ci ha suggerito di dedicare quest’uscita al primo pasto della giornata con un’inevitabile e interessante confronto con la colazione italiana, a quest’articolo seguirà un’indagine sulle specialità tipiche della colazione inglese. La valenza sociale che il cibo ha assunto, come abbiamo avuto modo di vedere, ha solleticato la nostra curiosità e siamo andate ad indagare in cosa consisteva il breakfast nelle nostrane countrysides. La colazione britannica contiene molti piatti salati, poco allettanti per noi italiani moderni, ma fondamentali nella colazione dei contadini che mangiavano pane, peperoni fritti, capicollo, soppressate, il tutto innaffiato con del vino rosso. Il loro lavoro cominciava molto spesso anche prima dell’alba, le energie consumate erano davvero tante, per sopperire ed essere operativi occorreva rifocillarsi adeguatamente, e una colazione ricca di grassi era il solo modo per rimpinguare le riserve. La colazione tradizionale italiana prevede ovviamente caffè, latte e caffè, cappuccino, biscotti, cornetti, pane e marmellata. Noi abbiamo scelto le intramontabili “marie” e i classici frollini al gusto di nocciola; sempre con le “marie” abbiamo preparato una torta che ha allietato le nostre colazioni durante l’infanzia, molto semplice, perché preparata solo con la crema pasticcera. Rappresenta una gustosa alternativa nella colazione dei bambini e non solo. Non poteva poi mancare la marmellata che nonostante il barattolo in foto riporti una nota marca di conserve, in realtà è stata fatta da noi con le nostre ciliegie. Ed infine caffè della moka e tazzone di latte e caffè. Senza dare alcun giudizio, lasciamo a voi l’ardua sentenza: qual è la colazione più buona?

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              TORTA CON LE MARIE:

              -una porzione di biscotti secchi tipo marie

        -crema pasticcera

      -latte

       – cacao

Preparare la crema pasticcera e in una pirofila mettere uno strato di biscotti leggermente bagnati nel latte, ricoprire con uno strato di crema, continuare così per tutti gli strati che si intende fare e alla fine spolverizzare i biscotti con del cacao.

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